sabato 30 luglio 2016

Buone vacanze a tutti gli acquaioli
Della serie  
"Rilassiamoci ma non troppo"  
 abbiamo selezionato per voi 
il decalogo di Noam Chomsky 
per comprendere come, attraverso 
i mass media, si arrivi alla 
manipolazione e al controllo sociale.

 
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale  è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.

4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette di aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.

7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".

8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...

9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti  è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.

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“C’è una buona notizia e una cattiva. 

La prima è che anche in un mondo dominato da titanici centri di potere finanziario, costruire il bene comune e accrescere la possibilità di decidere veramente delle nostre vite è ancora possibile. 
La seconda è che non possiamo farlo mettendo semplicemente una croce su una scheda e poi tornare a guardare la TV…”
                                                                                            Noam Chomsky

venerdì 15 luglio 2016

articolo comparso su www.cantolibre.it e scritto da Gennaro Espostito 
di Sinistra Anticapitalista Napoli

 LA SPINOSA QUESTIONE 
COMUNE-CONSORZIO 
SAN GIOVANNI A TEDUCCIO “ABC”

L’ABC è senza dubbio il fiore all’occhiello del Sindaco De Magistris. Un’esperienza unica (e non solo in Italia). 

Basti pensare ai CdA dell’Azienda aperti ai militanti dei comitati, o al Consiglio Civico che si prefigge di coinvolgere e informare i cittadini (i reali proprietari del servizio idrico) di come funziona, o dovrebbe funzionare, un “bene comune”. 

Questo articolo nasce dalla necessità d’informare le compagne e i compagni di Napoli (e non solo) che su tale “fiore” continuano ad arrivare folate di vento che potrebbero, tra non molto, causargli un prematuro appassimento. La discussione sull’opportunità o meno di nominare presidente dell’Azienda un militante del comitato dei cittadini (o d’inserire compagni di movimento nel CdA) passa indiscutibilmente in sottordine rispetto a quanto sto per elencare nei righi successivi. 

Questo lo affermo senza polemica alcuna, anche perché in linea di principio sono d’accordo sull’autonomia dei movimenti, ma per una pura e semplice necessità politica di stabilire (e in fretta) da che parte stare.  Ad ogni modo, il mio giudizio sulla gestione del presidente Montalto è senz’ombra di dubbio più che positivo.  Detto ciò, passiamo ai fatti.


 Il Comune chiede che ABC debba assorbire 120 lavoratori (100 dal Consorzio S. Giovanni) e 7 impianti presidiati.


Il costo annuale per la gestione degli impianti e del personale ammonta a 9,3 milioni  di euro. 

E’ poi necessario un investimento una tantum di 5,4 milioni di euro, per la messa in sicurezza degli impianti, finora mai sottoposti a manutenzione. Tali impianti, così come sono,  rappresenterebbero un serio rischio per gli operai. Senza gli impianti, però, almeno una settantina di persone diventerebbero un “esubero” impossibile da impiegare in altre mansioni.


Nell’art.2 del DPR 902/86 si legge che il Comune deve garantire la copertura dei costi per tre anni e indicare dove recupera i soldi per il passaggio del personale e degli impianti ad ABC

Moltiplichiamo allora i 9,3 milioni per 3 anni e arriviamo alla cifra di 27,9 milioni. Se a questo risultato aggiungiamo i 5,4 milioni dell’investimento una tantum, abbiamo un totale di 33,3 milioni di euro. Ci è quindi difficile capire come la Giunta Comunale abbia potuto deliberare (delibera 843/2015) il passaggio del personale e degli impianti in questione con un versamento di soli 4,9 milioni per l’anno 2016. 

Anche al più sprovveduto non dovrebbe sfuggire che mancano all’appello 28,4 milioni di euro!


Attualmente il Comune paga i lavoratori del Consorzio caricando il costo sulla fiscalità generale. 

Anche questa è una soluzione illegale (quanto mi pesa usare questa espressione! 

E’ purtroppo necessaria per chiarire lo stato reale delle cose). Infatti, per il Dlgs 152/06,i costi dovrebbero andare in tariffa insieme agli impianti (la Corte dei Conti sta indagando la Regione Campania per problemi analoghi). Possibile che il Comune, che è ben consapevole di questa “criticità”, non riesce a trovare altra via d’uscita che non sia quella di scaricare pubblicamente il problema su ABC?


Il Comune di Napoli, nel 2014 (delibera di Consiglio comunale 80/2014) ha prima approvato il bilancio di ABC e ha poi prelevato dalle casse aziendali 16 milioni di euro, impegnandosi di restituire all’ Azienda stessa l’intera somma affinché potesse essere utilizzata per gli investimenti nel settore idrico. 

Tale restituzione non è mai avvenuta.


Se il Consiglio comunale approvasse il bilancio di ABC, gli utili ammonterebbero quasi ad 8 milioni di euro. Una parte di questi utili potrebbe essere usata per la ristrutturazione di quegli impianti che il Comune vuole trasferire ad ABC.


ABC ha già avviato gli esodi di parte del proprio personale, riducendo i costi e liberando spazi per nuove assunzioni.


Nel frattempo, ABC tenta di assorbire il personale della propria società partecipata Net Service s.r.l. Un’operazione che ridurrebbe ulteriormente i costi di gestione; anche se, bisogna dirlo, non è ancora chiaro attraverso quale percorso giuridico questo sia possibile.


Resta da valutare se i risparmi che tenta di realizzare ABC possano coprire,senza violare la legge,il costo che deriva sia dall’assorbimento dei lavoratori di San Giovani sia dall’acquisizione degli impianti. 

In ogni caso, i suindicati risparmi non potranno di certo coprire per intero l’aumento dei costi imposti dal trasferimento degli impianti e del personale.


Considerato il grado d’incertezza giuridica e di praticabilità delle soluzioni, l’unico dato sicuro è che se ABC accettasse ciò che le chiede il Comune, produrrebbe un danno erariale di 28,4 milioni di euro e, di conseguenza, imploderebbe a detrimento di tutti i lavoratori dell’azienda e dell’acqua pubblica.


Il Sindaco, che molti di noi hanno sostenuto nelle recenti elezioni amministrative, sa bene che le dinamiche di partecipazione democratica messe in campo da ABC stanno creando le condizioni di una profonda consapevolezza nella collettività coinvolta. 

Tale “collettività” è consapevole non solo delle vicende aziendali, ma anche delle questioni politiche di rilievo nazionale (il Decreto Madia in approvazione) o locale (legge regionale di privatizzazione) e tra l’altro comincia a familiarizzare con le procedure gestionali: le tariffe, la carta dei servizi e la costruzione del ciclo integrato.


E’ convinzione di tutti che sia indispensabile ed urgente la realizzazione del ciclo integrato delle acque,che vadano salvaguardati i lavoratori del settore e con essi le loro famiglie. 

Un invito alla chiarezza politica nasce soprattutto dalla necessità di evitare che il pezzo di un percorso (il passaggio dei lavoratori), se sostanzialmente avulso dal ciclo integrato e dalla fattiva copertura economica, generi un conflitto tra i lavoratori, che a loro volta potrebbero (realisticamente) vedere compromessa la propria posizione lavorativa nell’immediato futuro.


Soluzioni maldestre, inoltre, rischiano di pregiudicare un processo avanzatissimo di pubblicizzazione del servizio idrico. 

Un processo, non dimentichiamolo, fortemente voluto proprio dal sindaco  De Magistris.

  

giovedì 7 luglio 2016


RETE DEI SINDACI DELL’ATO 3
PER LA GESTIONE PUBBLICA 
DEL SERVIZIO IDRICO




COMUNICATO STAMPA


Nomine Cda Gori, i sindaci attaccano il Commissario regionale e annunciano incontro con la neosindaca di Roma.

Si è riunita a Pompei in assemblea straordinaria la Rete dei sindaci per la gestione pubblica del servizio idrico nell’Ato3 Sarnese-Vesuviano, alla presenza di un folto numero di rappresentanti degli enti locali. 

Al centro della discussione l’intenzione della Regione di scegliere i nuovi membri di nomina pubblica del consiglio d’amministrazione della Gori S.p.A, attraverso il commissario straordinario dell'Ente d'Ambito, Vincenzo Belgiorno, nonostante la legge regionale gli affidi solo compiti di ordinaria amministrazione.

I Comuni di Angri, Casalnuovo, Cicciano, Lettere, Marigliano, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani, Palma Campania, Piano di Sorrento , Pompei,  Roccapiemonte, Roccarainola, Sarno, Siano, Santa Maria La Carità, San Vitaliano, Sant’Antonio Abate, Saviano, Scisciano, Torre del Greco hanno sottoscritto un documento in cui si contestano le scelte verticistiche e, ancora una volta, l’espropriazione delle proprie competenze sul servizio idrico integrato, a fronte di un enorme ritardo nella costituzione dell’Ente Idrico Regionale e dell’indizione delle elezioni per i consigli di distretto, come previsto dalla nuova legge regionale.

“La Regione è responsabile di un gravissimo ritardo nella cessazione delle gestioni commissariali che continuano da quattro anni – denunciano gli amministratori locali - e in particolare di quella dell'Ente d'Ambito Sarnese Vesuviano, ritardo già censurato e dichiarato illegale dalla magistratura amministrativa. È inaccettabile che un organo commissariale scaduto provveda al rinnovo dei vertici di un’azienda che svolge un servizio pubblico così importante, tanto più se – sottolineano i sindaci - è da tempo chiara la volontà di molti Comuni di riprendersi a pieno titolo il proprio ruolo e ritornare alla gestione del servizio idrico attraverso enti di diritto pubblico al servizio del territorio, liquidando la fallimentare esperienza del gestore Gori”.

Sulla necessità di ripubblicizzare l’acqua, la Rete dei sindaci rincara la dose: “Appare necessario accelerare il trasferimento delle quote del 51% della società GORI in capo ad un organo rappresentativo dei Comuni del territorio, secondo quanto previsto dalle procedure attuative della legge regionale 15/2015”.

E annunciano un incontro con la neoeletta sindaca di Roma, Virginia Raggi, per chiedere interventi forti sui vertici del gruppo Acea, socio privato del gestore Gori, e un’alleanza amministrativa sul fronte comune della ripubblicizzazione.

Napoli, 7 luglio 2016

Rete dei sindaci dell’Ato3 per la gestione pubblica del servizio idrico
I sindaci e i delegati dei Comuni di Angri, Casalnuovo, Cicciano, Lettere, Marigliano, Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani, Palma Campania, Piano di Sorrento , Pompei,  Roccapiemonte, Roccarainola, Sarno, Siano, Santa Maria La Carità, San Vitaliano, Sant’Antonio Abate, Saviano, Scisciano, Torre del Greco.